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Non parlate di prostituzione

11 settembre 2012

Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love

In un articolo sulla 27esima Ora viene riportata la testimonianza di Morgane Merteuil, una giovane donna di 25 anni, sex worker. Morgane Merteuil è segretario di Strass (il sindacato francese del lavoro sessuale, Syndicat du travail sexuel) e vive con la gioia la scelta della propria professione. Afferma che “prostituirsi può essere un modo di riappropriarsi del proprio corpo e della propria sessualità”. E per questo suo atteggiamento dice di sentirsi discriminata dalle femministe che propongono, a suo modo di vedere, un modello di emancipazione univoco e dogmatico, che esclude la prostituzione a priori. Da qui il titolo del suo libro, “Libérez le féminisme!“.

Per quanto mi riguarda, è una gran bella notizia che Morgane viva la propria sessualità per scelta e con gioia e ritengo che quel racconto della sessualità che tenga conto anche di queste esperienze è ben più credibile e autentico di un discorso “borghese o bacchettone”. A patto che si sia consapevoli che NON si sta parlando di prostituzione, ma di qualcos’altro.

La prostituzione non è riappropriazione. Non è scelta, non è libertà, non è gioia. La prostituzione implica la tortura, la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento, l’emarginazione sociale, il ricatto. La distinzione sarebbe molto semplice: “prostituzione” per scelta (quanto? un 1% a essere generosi?) e prostituzione per schiavitù (tutto il resto). La tratta di esseri umani anche a scopo di sfruttamento sessuale è un business globale che si stima frutti circa 32.000.000.000 (leggasi 32 miliardi) di dollari l’anno. I numeri non sono un caso: mentre il Sindacato di Morgane conta 500 iscritti, in Francia le persone “impiegate” nella prostituzione sono stimate in 20mila – 30mila unità, con l’80% di stranieri. Che non sono sulle strade per vivere con gioia la propria libera scelta.

Forse basterebbe fare una distinzione linguistica tra “sex worker” e “prostitute” – e poi attenervisi con grande scrupolo. Perché fare confusione su questo sarebbe un po’ come confondere il lavapiatti con il titolare della catena di ristoranti. Una confusione, questa sì, un po’ borghese. E che alimenta la disinformazione in un contesto che ne è già saturo. Diversamente si rischia di trasmettere, pur non volendo, un messaggio tanto tragico da essere tragicomico: difendere il diritto di donne, uomini e bambini ad essere sessualmente sfruttati.

41 commenti
  1. Dana permalink
    11 settembre 2012 13:52

    Carissima Dott.ssa Melloni…come Lei sono molto, molto, molto felice di sapere che Morgane Merteuil viva con molta gioia il proprio mestiere. Ma credo che ci si siano altre modalità per riappropriarsi del proprio corpo e della propria sessualità senza necessariamente metterli in vendita…anzi, mi sembra addirittura una contraddizione. Tuttavia, quella della sig.na in questione è una SCELTA, condivisibile o meno, ma lo è. La prostituzione nel 99,9% è una violenza nei confronti di chi è COSTRETTO a praticarla. Pertanto, credo che nessuna “femminista” voglia discriminare la povera sig. na Merteuil, anzi “beata lei che un lavoro ce l’ha…e che le piace pure”…. però, concordo con Lei Dott.ssa Melloni nel puntualizzare la necessità di prestare maggiore attenzione all’utilizzo dei vocaboli, per evitare di sommare all’ignoranza ulteriore confusione.

    • chiara permalink
      11 settembre 2012 15:58

      Buonasera Dana, molto contenta di vederti qui! La penso proprio come te, beata Madame Merteuil che un lavoro ce l’ha e che le piace pure. Ma, appunto, questo è una scelta e non ha a che fare con la costrizione. Alla prossima… 🙂

  2. 11 settembre 2012 17:56

    Un contributo:

    http://akarho.noblogs.org/post/2012/09/09/incontro-su-lavoro-sessuale-scuola-estiva/

    Ovviamente tratta-riduzione in schiavitù e sex work sono cose diverse, e va tenuta ben presente questa distinzione, ma attraverso uno sguardo femminista credo sia necessario prendere in considerazione i vari aspetti che attraversano la questione, ovvero la richiesta/offerta di prestazioni sessuali. In primo luogo, come qualcuno ha detto altrove, un punto fondamentale è la decriminalizzazione, anche andando a capire come le leggi “antiprostituzione” intervengono negativamente proprio nelle vite delle persone più esposte a violenze e ricatti (esempi le diverse ordinanze http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/03/15/puglia-morta-di-ordinanze-antiprostituzione-e-decreto-sicurezza/). Inoltre, sulle “statistiche”, c’è da registrare il fatto che non tutte le persone che lavorano sessualmente “in privato” scelgono la visibilità pubblica. Scelta che -invece- è preclusa a chi sta in strada. Bisognerebbe avere il coraggio di affrontare i diversi aspetti e non limitarsi ad una condanna sommaria, che rischia inoltre di contribuire tra le righe allo stigma delle sex workers, anche attraverso semplici ironie.
    Spero che i discorsi si arricchiscano sempre di più e che i confronti servano per dotarci di strumenti sempre più affilati per lle nostre analisi.
    r.

  3. Ilaria Durigon permalink*
    12 settembre 2012 09:01

    Anche secondo me le posizioni sulla prostituzione e sulle sex workers dovrebbero arricchirsi e non essere ridotte a semplificazioni sommarie. In particolare si dovrebbe valutare perchè è nata la prostituzione, quale fosse la sua funzione sociale. Non basta cioè distinguere, come giustamente fa Chiara, prostituzione e sex work, ma anche capire quale posto occupi il sex work e perchè gli si possa attribuire un giudizio positivo quando il suo fondamento è lo stesso che per la prostituzione. A mio avviso, anzichè concentrarsi sull’elogio della libertà delle sex workers bisognerebbe capire cosa significhi in questo senso scegliere LIBERAMENTE. Concludo con un passo di un intervista a Paola Tabet, la quale non solo equipara, a partire dal loro fondamento, prostituzione e sex work, ma introduce nella sua analisi il concetto più ampio di scambio sessuo-economico che include molte altre modalità del concretizzarsi per le donne di una specifica posizione all’interno delle società:

    “Come è che si fa una scuola per i clienti, si perseguitano le prostitute di strada e nello stesso tempo si favoriscono, di fatto, situazioni che non sono esattamente quelle della prostituzione di strada ma… Penso alle situazioni dei centri erotici con le loro diverse forme di spettacolo, dal lap-dance ai peep-shows, con I loro luoghi d’incontro, frequentati da uomini di classe media, bianchi. Siamo di fronte a una politica razzista e classista, una politica contro i poveri, una politica al tempo stesso a favore della classe media o meglio degli uomini di questa classe, bianchi… E ad ogni modo si sbandiera una morale di facciata, un’ideologia. E in ciascun caso si ha un’utilizzazione delle donne con politiche che magari sono diverse. Nel Medioevo nella Francia del Sud-Est per fare un esempio (Rossiaud 1984), i bordelli erano municipali. Il bordello era considerato “un’istituzione di pace”, aveva infatti obiettivi di ordine pubblico: poteva aiutare a evitare disordini sociali. Perciò occorreva reclutare le prostitute, e delle ragazze povere, prive di sostegno familiare, erano portate al bordello anche a forza, spesso dopo essere state violentate (giacché come donne violentate erano puttane).
    Abbiamo dunque un quadro complesso. E vi sono diversi livelli di utilizzazione delle donne : c’è la forma privata ma se serve , se è pratico, può essere o diventare una forma pubblica.”

  4. chiara permalink
    12 settembre 2012 11:05

    @rho

    “Orrore a Roma, 22enne romena picchiata e data alle fiamme”

    Roma – (Adnkronos)

    E’ successo ieri, poco prima della mezzanotte, alla Borghesiana a Roma: la vittima è una prostituta, ora ricoverata in ospedale in condizioni gravissime. Due uomini l’hanno avvicinata e poi dopo le botte l’hanno cosparsa di liquido infiammabile.

    http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Orrore-a-Roma-22enne-romena-picchiata-e-data-alle-fiamme_313686555990.html

    • 12 settembre 2012 12:58

      @chiara
      Perchè la notizia è postata qui in riferimento a me? Non l’ho capito.
      Purtroppo sono a conoscenza della notizia da stamattina presto e credo -come detto- che sia necessario combattere attivamente il clima d’odio, lo stigma e le violenze a cui sono esposte le sex worker e le donne in genere. Forse esprimendo solidarietà in primo luogo.

      @Ilaria Durigon
      Personalmente alcune opinioni le ho scritte qui, anche precisamente sulle “libertà di sceltà”, ma non solo: http://akarho.noblogs.org/post/2012/09/09/incontro-su-lavoro-sessuale-scuola-estiva/ (come segnalato sopra). Certo sarebbe interessante sapere come sarebbe se le/i sexworkers potessero autodeterminarsi ed autorganizzarsi anche collettivamente tra pari, ma per quel che ne so io si è sempre tentato di regolamentare e controllare il corpo delle donne nella prostituzione e non ad esempio sia attraverso i bordelli che il matrimonio, entrambe istituzioni patriarcali ed eterosessiste (…).

      R.

      • chiara permalink
        12 settembre 2012 14:25

        @rho
        Ti ho indirizzato il commento NON perché pensavo non lo sapessi o non volessi esprimere la tua solidarietà, naturalmente, ma per sottolineare le ragioni per cui sostengo che le sex worker come Morgane Merteuil non abbiano niente a che vedere con le prostitute di strada. Non credo che Morgane si esponga a rischi come quelli che ha corso, e purtroppo incontrato, la ragazza della Borghesiana – e mille altre come lei di cui forse non sapremo mai. Per riprendere il tuo post, anche se in senso contrario: usare la stessa parola – “prostituzione” – sia per Morgane che per la ragazza della Borghesiana “è altrettanto pertinente che parlare del lavoro nel tessile mostrando soltanto dei bambini che lavorano in nero negli scantinati“. E’ una differenza abissale, e trovo molto pericolosa la china che il femminismo pro sex, pro porno, pro… “prostituzione” (ahi) sta prendendo di fronte a questi fenomeni. Si rischia di difendere una Morgane e non diecimila 22enne romene.

        P.S. Non c’è stigma da parte mia nei confronti delle/dei sex workers. Ma, appunto, non parlino di prostituzione.

  5. 12 settembre 2012 16:55

    Per quello che ne so io tutte le femministe cosidette “prosex” hanno molto chiara la distinzione tra tratta/schiavitù/sfruttamento e sexwork (anzi SONO PROPRIO le attiviste sex worker che hanno introdotto la differenziazione terminologica e preferiscono infatti definirsi sexworker proprio perchè la parola prostituzione si presta a fraintendimenti o comunque ha una accezione etimologicamente negativa, ad esempio in italiano vedere intervista a Carla Corso http://www.reportonline.it/2009110237756/cultura/i-diritti-dei-sex-workers-intervista-a-carla-corso.html). Si fa in continuazione e giustamente questo distinguo.

    Sul piano terminologico si può discutere cosa s’intende per prostituzione, ad esempio se ne può parlare da un punto di vista storico o ancora è stato introdotto il termine “forzata” per chiarire di quale prostituzione si parla. Di che si vuole parlare usando il termine prostituzione? Di tratta? Parliamo di tratta. Vogliamo parlare di riduzione in schiavitù, schiavitù sessuale? D’accordo parliamo di questo.Vogliamo parlare di come si è delineato lungo l’asse temporale l’offerta-richiesta di prestazioni sessuali in genere? Prostituzione può andare bene come termine forse…e così via…

    Comunque, a mio parere, non è l’etimologia o la terminologia il punto. Sicuramente è interessante, ma una volta che si è capito di quale aspetto o in genere di cosa si vuole parlare, l’importante è affrontare le questioni.
    Sia in termini di analisi, che di pratiche. Non trovo interessante giudicare Morgane Merteuil, o stare a definire a quanto rischio si esponga personalemente lavorando sessualmente. Trovo che invece ci sia da chiedersi a chi fa comodo la criminalizzazione della prostituzione.

    Non credo che il condannare la tratta sia antitetico alla definitiva decriminalizzazione del lavoro sessuale, anzi io credo che siano due cose che devono viaggiare insieme.
    Credo anzi che sia fondamentale confrontarsi su questo e condannare sia la tratta e la schiavitù/sfruttamento (inoltre non solo quelle sessuali) e nello stesso tempo e con la stessa forza condannare le politiche “anti-prostituzione” e “securitarie” che non fanno altro che porre le donne in condizioni ancora peggiori, che le costringono negli angoli più oscuri e rischiosi (…).

    Per il resto credo sia ancora attuale interrogarsi su sessualità e desideri.
    (…)
    Scusate refusi ed errori, per oggi il tempo è finito e non mi rileggo.

    Linko spunti vari su etimologia e storia:

    LA PROSTITUZIONE IN UNA SOCIETA’ ALIENATA. Quando si parla di prostituzione si cade in una marea di ambiguita’. Un’ambiguita’ fatta di pensiero di azione e di linguaggio.
    http://www.tmcrew.org/femm/prostituzione/storia.htm

    PROSTITUZIONE: UNA LUNGA STORIA.La cosa che prima di tutte salta all’occhio avvicinandosi agli studi sulla prostituzione è l’opposizione dei punti di vista etici sulla base dei quali essa è stata giudicata nel corso dei secoli, ed è evidente già a partire dalla definizione del termine:
    http://www.progettoroxana.it/roxana/components/com_docman/dl2.php?archive=0&file=dW5hX2x1bmdhX3N0b3JpYS5wZGY=

    ETIMOLOGIA DI “PUTTANA”. Immagine sacra di un linguaggio dimenticato. http://blog.libero.it/Rosmarco/7563268.html

    • 12 settembre 2012 17:50

      Aggiornamenti in corsa.
      Le reazioni al tentato femminicidio di Michela (come si poteva sospettare) consistono in operazioni come queste:

      /large e in dichiarazioni da parte del PD riguardo una non meglio specificata “lotta alla prostituzione”. In che senso Marco Miccoli pensa che questa violenza sia «l’ennesima dimostrazione di come la prostituzione a Roma sia sempre più un fenomeno dilagante e in crescita»? Abbiamo delle cifre precise? Quali prospettive avrà in mente contro il “racket”?

      Per ora sappiamo bene quello che succede se si invocano i controlli: denunce, fermi, multe per le vittime di tratta o prostitute o sexworker e nel caso non abbiano il permesso di soggiorno rischiano di finire nei CIE.

  6. chiara permalink
    13 settembre 2012 18:06

    @rho

    Ti ringrazio per aver postato il vergognoso commento di Miccoli qui. Ho visto che in giornata se ne è molto parlato “tra di noi”, e giustamente: esemplifica quanto la posizione della maggior parte dei politici nei confronti della prostituzione sia ignorante, securitaria, razzista, classista. Ma con questo torno al mio punto, che ha un carattere molto più COMUNICATIVO di quanto forse non ti abbia permesso di capire fin qui. Dato questo contesto di ignoranza, è giusto dare questo risalto mediatico alle sex worker, investirle di questo impegno comunicativo? O non dovremmo fare fronte comune per fare innanzitutto informazione sulla tratta da un lato ed educazione sessuale per quanto riguarda la grande domanda di schiave del sesso dall’altro?
    In uno dei tuoi link si diceva che “il dibattito sulla prostituzione tende ad appiattire il fenomeno sulla tratta delle donne e sullo sfruttamento, come se non ci fossero donne e uomini che scelgono liberamente“. Ma dal mio punto di vista l’appiattimento è esattamente l’inverso: parlare delle sex worker invece che delle prostitute di oggi sarebbe come analizzare le condizioni delle operaie del tessile parlando di Laura Biagiotti…
    Magari tutte le puttane fossero sex worker, magari tutte le schiave fossero libere. Ma non è così: e se parlo delle libere, non sto parlando delle schiave, se faccio informazione sulle libere, non sto facendo informazione sulle schiave. E se schiave e libere sono designate spesso lo stesso nome – “prostitute” – rischio di fare una grande disinformazione. Il mio punto è tutto qui.
    Poi capisco bene quello che dicevi tu, cioè che condannare la tratta possa viaggiare insieme alla decriminalizzazione del lavoro sessuale: ci sono dei punti critici, ma legalizzando domanda e offerta si comincia a sottrarre le sex worker alla marginalità sociale, in condizioni sanitarie e di sicurezza personale sicuramente migliori. In Germania è così. Ma credo che prima di quello stadio debba emergere l’orrore della tratta – che invece è ancora taciuto e sottovalutato a ogni livello. Insomma, se il nostro desiderio è lottare per gli ultimi io non mi rivolgerei alle sex worker, che tutto sommato hanno scelto e sono state libere di farlo, anche se hanno ancora di fronte a sé dei pregiudizi sociali – ma alle nigeriane e alle romene della tangenziale est.

    P.S. Parlavo di questo ieri con alcune compagne e ad ogni frase venivano fuori criticità in più. Tutta questa discussione non credo sia tanto e solo tra di noi, è una spaccatura storica e ancora profonda del femminismo.

  7. Valentina S. permalink
    14 settembre 2012 18:02

    Leggendo così un po’ i commenti, mi pare che ci sia una confusione di fondo tra decriminalizzazione di chi – a vario titolo – si prostituisce e riconoscimento della prostituzione come lavoro. Sono due cose molto diverse. Anche nell’intervista a Carla Corso, postata da Rho, ad esempio, si ipotizzavano delle modifiche alla legge Merlin – che già non criminalizza le prostitute, ma anzi liberò dalla segregrazione quelle delle case e dai fermi sistematici quelle non registrate – tipo l’eliminazione del reato di adescamento o di favoreggiamento, ma mantenendo l’impianto abolizionista di ogni regolamentazione che a mio parere è un modello che ha molti vantaggi.
    Ci sono invece molti paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, in cui è proprio criminalizzata la vendita di prestazioni sessuali e trovo che questa criminalizzazione sia gravissima. La criminalizzazione crescente che oggi vediamo in Italia e in molti paesi europei è dovuta invece, mi sembra, soprattutto all’approccio xenofobo, ipocrita, moralista e fondato sulla fantomatica difesa del “decoro urbano” verso la prostituzione di strada migrante, che come sappiamo ha avuto un vero e proprio boom a partire dagli anni ’90, legata in gran parte alla tratta di esseri umani. In Italia mi riferisco ovviamente specialmente al “pacchetto sicurezza” da cui derivano le varie “ordinanze” dei sindaci che peraltro continuano a essere emanate nonostante siano state dichiarate inconstituzionali e violino la legge Merlin. Come del resto la violano le multe per “evasione fiscale” alle escort o alle donne che sono in strada “fondate” su una sentenza della Corte europea che ha sancito la prostituzione quale attività economica e quindi tassabile, e che è pure palesemete in contrasto con la legge Merlin.
    Altra cosa è il riconoscimento della prostituzione come lavoro. Su quest’ultimo trovo che ci sia una complessità che viene sempre omessa nei discorsi trionfalistici che sento in giro, che parlano solo dei diritti che verrebbero riconosciuti alle lavoratrici e lavoratori del sesso se non addirittura della scomparsa della tratta (!), ma omettono le grandi criticità.
    A partire dalla depenalizzazione di svariate forme di interessi terzi (che una volta sarebbero stati penalizzati come sfruttatori della prostituzione, magnaccia) che nei paesi neoregolamentaristi ha portato a un eccezionale sviluppo dell’industria del sesso, con grande accrescimento della domanda di prostituzione. Mentre comunque permane tratta, mercato nero e criminalizzazione delle immigrate clandestine o di chi non si vuole o non si può regolarizzare. Sulla Germania, visto che Chiara ne parlava, mi accorgo che la gente pensa di solito che lì ci siano piccole cooperative o singole prostitute che lavorano in autonomia. Invece, al contrario, ci sono colossali eros center ed fkk (saune-bordello) in cui sembra si siano riciclate impressionanti quantità di denaro sporco e dove di fatto si arricchiscono i nuovi capitalisti legalizzati dell’industria del sesso. E che non mi sembrano particolarmente rispettosi delle donne. L’avete visto ad esempio il servizio delle Iene sugli fkk che pure voleva essere celebrativo? Ciò che sfugge ai più è che l’industria del sesso è fatta a vantaggio di chi gestisce il business e dei clienti, dalle cui richieste dipende l’offerta. Proprio oggi leggevo ad esempio questo sui bordelli zoofili che ci sono proprio in Germania http://www.thepetitionsite.com/995/577/088/outlaw-animal-brothels-in-germany/?cid=FB_TAF_CIT
    Posso capire perché Somaly Mam che ha subito il peggio dello sfruttamento sessuale in Cambogia e combatte ogni giorno con gli schiavisti dei bordelli nel suo paese rischiando la vita, dice che parlare di “sex work” può essere un boomerang.
    Secondo me non ci sono soluzioni facili, ma se partiamo dalle più deboli – nel nostro paese le vittime di tratta – almeno evitiamo di intraprendere strade pericolose. Per le vittime della tratta – che in Italia sono le più deboli – non serve la regolamentazione della prostituzione, che può danneggiarle o perché ne resterebbero fuori e sarebbero più criminalizzate ancora o perché le renderebbe ancora più inermi depenalizzando i loro sfruttatori (dimostrare il reato di tratta è difficilissimo). A loro serve innanzitutto la possibilità di poterne uscire, che di fatto ancora non c’è o comunque è assolutamente insufficiente. Di sicuro la criminalizzazione che vediamo oggi di chi si prostituisce non serve a nessuno e questo è sicuramente un fronte comune su cui lottare. Ricordiamoci anche che la distinzione manichea tra prostituzione volontaria e forzata non rappresenta la realtà, perché, innanzitutto sapere che qualcuno è vittima di tratta è un punto di arrivo e non di partenza e nessuno ce l’ha scritto in faccia. E poi perché ci sono anche forme diverse dalla tratta, ma in cui comunque c’è sfruttamento o pressioni familiari, situazioni di povertà estrema, che non fanno scegliere questa attività consapevolmente, ma la fanno più che altro subire, con rischi per l’equilibrio psicofisico che nessuno in verità ha mai analizzato a fondo. Trovo che dire che il lavoro sessuale è un lavoro come gli altri è troppo sbrigativo e occulta una grande complessità. Nella violenza non diremmo mai che un pestaggio è uguale a uno stupro e se mi toccano per strada il sedere non è lo stesso di se mi toccano un braccio. Non perché il sesso è “sacro” ma perché le due cose semplicemente non sono uguali. Su queste cose non si può essere sbrigativi, ma vanno sviscerate a mio parere, se si vuole proporre cambi di legislazione così importanti che poi ricadranno su tutte le donne.

  8. 15 settembre 2012 09:36

    Purtroppo non ho molto tempo, quindi rispondo al volo, se avrò la possibilità tornerò ad articolare qualcosa con più calma.

    Chiara chiede se « Dato questo contesto di ignoranza, è giusto dare questo risalto mediatico alle sex worker, investirle di questo impegno comunicativo? O non dovremmo fare fronte comune (…)?»
    Non ho capito chi è il soggetto: noi femministe? I giornali? Chi è che non dovrebbe investirle di responsabilità? Poi, il fatto è che io personalmente non mi arrogherei mai il diritto di dare o non dare visibilità alla parola di altre donne, donne che cercano di prendere parola sulla propria condizione, esperienza, vita in modo autodeterminato. Le sexworker non si sentono caricate di responsabilità, VOGLIONO ESSERE ASCOLTATE, cosa che non mi sembra succeda così frequentemente. Il primo documento che conosco in cui le prostitute-sexworker cercano di far sentire la propria voce in modo pubblico e autorganizzato è del 1975, quando occuparono in Francia una chiesa per protestare (vedere doc http://www.micropunta.it/powertothesisters/ ). E non parliamo di Laura Biagiotti (che di certo non va ad occupare le chiese!). La realtà è più comlessa, non ci sono solo lo scantinato del tessile e Laura Biagiotti. Ragionare in modo polarizzato non paga, non rende giustizia (neanche alla nostra intelligenza). Ci sono tante realtà e tutte hanno dignità e diritto di parola (ad esempio loro vogliono essere ascoltare, evidentemente: http://africansexworkeralliance.org/ ). Non mi sembra neanche che si parli più di sex-work che di tratta. Tra l’altro molte sex-worker sono impegnate proprio nelle battaglie contro tratta e sfruttamento, anche (ma non solo) perchè sanno che la repressione e lo sfruttamento sono funzionali l’una all’altra. Vedere ad esempio qui: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/01/31/xtalk-le-politiche-anti-tratta-non-funzionano/ .

    Altra cosa che non capisco è la questione del “prima” e del “dopo”, mi ricorda un pò chi dice che PRIMA si fa la lotta di classe e DOPO sarà risolta la “questione femminile”. Ammetto che un pò mi fa sorridere. Non credo si possa né dettare l’agenda politica alle diverse soggettività, né credo che si possa procedere scindendo questioni che sono strettamente intrecciate: patriarcato-capitalismo, tratta-lavoro sessuale (tra l’altro tratta, capitalismo, patriarcato, lavoro sessuale sono legate tra loro e sono legate a molte altre “questioni”). Si può decidere di agire su uno specifico di volta in volta, ma l’analisi deve prendere necessariamente atto delle complessità. Non si può trattare le persone da stupide (un argomento per volta che sennò non capite niente) perchè così si garantisce che stupidità e ingnoranza abbiano la meglio. No. La complessità ci riguarda per intero come femministe in primo luogo e ogni forma di prostituzione ci riguarda tutte (come ogni discorso rispetto al controllo e all’autodeterminazione di corpi e soggettività).

    Aggiungo e preciso che con il discorso sul fatto che la decriminalizzazione va di pari passo con la lotta contro la tratta voglio dire proprio che senza l’una non è possibile si realizzi l’altra.

    Volevo girarvi altri link interessanti con qualche dato, ma appunto ora non ho tempo. Provvederò appena possibile. Scusate errori e refusi, al solito non mi rileggo. R.

  9. Maria permalink
    16 settembre 2012 11:14

    Non sono affatto convinta, come ritiene rho, che promuovendo la regolamentazione della prostituzione si possa al contempo combattere la tratta. Ritengo anzi che la si possa addirittura incentivare!
    Al mercato della prostituzione si applica, infatti, come a qualsiasi altro, la legge economica della domanda e dell’offerta. Ora, regolamentando il rapporto mercenario, ossia normalizzando il consumo di esseri umani come merci, si incentiva la domanda e di conseguenza l’offerta tanto legale quanto illegale. Insomma, la regolamentazione rischia di favorire la tratta e non viceversa!
    Richard Poulin, sociologo marxista canadese abolizionista, offre dati eloquenti che confermano i miei timori. Nei Paesi dove vige la regolamentazione, il numero dei clienti della prostituzione è incomparabilmente più elevato che altrove. Se i clienti canadesi costituiscono l’11,1% del totale della popolazione maschile e quelli francesi, secondo un dato risalente però al 2004, il 12,5%, (la legislazione dei rispettivi Stati è, per così dire, di tipo proibizionista), i clienti tedeschi e quelli olandesi rappresentano una percentuale oscillante fra il 60% e il 66% del totale degli uomini delle rispettive nazioni. In Thailandia, addirittura, i clienti delle prostitute sono aumentati dal già imponente 75% del 1995 al 90% del 2010! Pare invece che in Svezia, dove ai clienti viene inflitta una sanzione, il loro numero si sia ridotto, passando dal 12,5% all’8,3%.
    Ora, alimentando la richiesta di rapporti mercenari, la regolamentazione stimola anche l’offerta,
    non solo quella legale, ma anche quella illegale costituita dalla tratta!
    Ancora una volta questa triste ipotesi risulta confermata dai dati.
    Nel libro “Schiave del potere” di Lydia Cacho si legge che in Olanda e in Germania vi sono circa 50.000 donne africane e latinoamericane vittime della tratta. Esse operano in condizioni di violenza e di forte marginalità sociale.
    Altrettanto inquietanti le informazioni fornite da Richard Poulin.
    L’Olanda – osserva questo sociologo – offre l’esempio più eclatante di espansione dell’industria sessuale e di incremento della tratta di cui erano vittime 2500 persone nel 1981, 10.000 nel 1985, 20.000 nel 1989, 30.000 nel 1997 e, secondo i dati più recenti forniti dalla Cacho, 50.000 negli ultimi anni. Ad Amsterdam, dove ci sono 250 bordelli, l’80% delle prostitute sono straniere e il 70% di esse sono prive di permesso di soggiorno e vittime della tratta. Nel 2002, a due anni di applicazione della regolamentazione, solo il 4% delle prostitute svolgeva la propria attività nei bordelli legali. Oggi la situazione sarà indubbiamente migliorata. Ma quante sono ancora le prostitute che esercitano la professione illegalmente? La regolamentazione, inoltre, avrebbe dovuto, nell’intenzione dei promotori, porre fine alla prostituzione minorile, ma così non è avvenuto. L’organizzazione per i diritti dell’infanzia, che ha sede ad Amsterdam, stima che la prostituzione minorile sia aumentata in seguito alla regolamentazione, passando dalle 4000 prostitute minorenni del 1996 alle 15.000 del 2002. Dal 2000 si è avuta, d’altra parte, un’espansione del 25% dell’industria del sesso.
    Nello stato di Victoria in Australia la polizia stima in 100 il numero delle case chiuse legali e in 400 il numero di quelle illegali.
    In Germania, dove la prostituzione è considerata una normale professione, le case chiuse, come qualsiasi impresa che occupi almeno 15 lavoratori, sono obbligate ad assumere apprendiste se non vogliono incorrere in sanzioni pecuniarie: devono cioè promuovere la prostituzione! Non solo! Le donne che percepiscono un’indennità di disoccupazione e che hanno precedentemente svolto l’attività di barista o di cameriera sono costrette ad accettare le proposte di lavoro delle case chiuse. Immagino vengano impiegate come bariste, ma perché devono essere costrette ad accettare di svolgere la loro attività in questi luoghi, se, per esempio, sono contrarie alla prostituzione? Chi mi assicura, inoltre, che a una barista non venga richiesta, sia pure illegalmente, anche l’erogazione di prestazioni sessuali o che il datore di lavoro non le proponga ad un certo punto di convertire il suo contratto in quello di sex worker se non vuole essere licenziata?
    Temo, quindi, che la regolamentazione rischi di incrementare la tratta.
    Sono convinta si debba piuttosto agire sulla domanda di prostituzione, disincentivandola, anche attraverso l’accrescimento della consapevolezza da parte degli uomini dell’inaccettabilità della mercificazione del corpo delle donne e attraverso la promozione della conoscenza delle reali condizioni di vita della stragrande maggioranza delle prostitute.
    Vi invio i link degli articoli da cui ho attinto le informazioni contenute in questo commento:
    http://sisyphe.org/spip.php?article4209
    http://sisyphe.org/spip.php?article1565
    Il sito che vi ho consigliato comprende molti articoli, che non ho ancora letto, sull’argomento.
    Richard Poulin ha dedicato molti saggi e articoli alla prostituzione e alla pornografia, alcuni dei quali si possono leggere al seguente indirizzo:
    http://classiques.uqac.ca/contemporains/poulin_richard/apparence_hyperexualisation/apparence_hyperexualisation.html
    Un altro sito, sempre in lingua francese, da cui si possono attingere informazioni assai utili è questo:
    http://www.prostitutionetsociete.fr/politiques-publiques/enjeux/le-defi-abolitionniste-sur-le?lang=fr
    Chiedo venia per la lunghezza del commento.
    Scusatemi
    Buona domenica.

    • Maria permalink
      21 settembre 2012 11:00

      Apporto una correzione al mio commento.
      50.000 è una cifra che si riferisce alle vittime africane e latinoamericane della tratta non solo in Olanda, ma anche in Germania. Lidya Cacho, riferendosi prevalentemente agli schiavisti provenienti dai paesi latinoamericani, scrive : ” Pressapoco 50.000 donne (nere e latinoamericane) vengono portate in Olanda e in Germania per il commercio sessuale” (p.280 di “Schiave del potere”). Quindi, le 50.000 donne del Terzo Mondo e dei paesi emergenti vittime della tratta verrebbero inviate sia in Germania che in Olanda, ma non è chiaro quante siano schiavizzate in Olanda e quante in Germania. Da notare, comunque, che, in questo passo, si riportano esclusivamente dati relativi alle vittime della tratta nere e latinoamericane. Manca, invece, in questo brano, una stima di quelle provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, Stati con i quali la Germania e l’Olanda intrattengono stretti rapporti. Quante saranno? Nessuna? Mi pare assai improbabile! Ribadisco il concetto: la regolamentazione della prostituzione non determina la scomparsa o la riduzione drastica del fenomeno della tratta. Se rendi accettabile la mercificazione dei corpi, ne incentivi la domanda ed alimenti inevitabilmente anche l’offerta, compresa quella rappresentata dalla tratta.

  10. Ilaria Durigon permalink*
    16 settembre 2012 15:09

    Anche io sono convinta come Maria che difendere il lavoro delle sex workers non abbia come conseguenza una limitazione della tratta. Se io dico che prostituirsi è un lavoro come un altro la conseguenza inevitabile è quella di affermare che le schiave del sesso non sono in realtà costrette a qualcosa di così orrendo: ci sono addirittura persone che scelgono di farlo!!e questa è una conseguenza davvero inaccettabile per chiunque sia sensibile alla questione della tratta. Oltretutto la questione di classe, come dicevo nel mio primo commento riferendomi alla Tabet , si mostra qui come elemento davvero centrale: non solo chi fa la sex worker non è sicuramente la figlia di Marchionne, nè chi può permettersi le sex workers è figlio di marchionne: donne non benestanti che sceglierebbero liberamente di prostituirsi con uomini facoltosi. é ovvio a chi va a vantaggio questo discorso. Non si tratta di semplificare discorsi complessi, si tratta di mostrare quali sono le conseguenze di un discorso che, facendosi paladino di chissà quale tipo liberazione sessuale (niente altro che mercificazione…) bypassa questioni importanti e ben più gravose.

  11. 16 settembre 2012 15:38

    Precisazione sul “reato di adescamento passivo” su cui sono stata imprecisa: in Italia non c’è questo reato e di certo non è previsto dalla legge Merlin (al contrario della Francia, dove recentamente è stato introdotto da Sarkozy). Ci sono però le norme del codice penale sulla morale pubblica che di fatto rendono possibili i fermi di chi si prostituisce, a cui si aggiungono le norme repressive sull’immigrazione, il pacchetto sicurezza, ecc.)
    Appena ho un po’ di tempo vi posto qualcosa di Lydia Cacho e commento il documentario proposto da Rho e che già conoscevo.
    @Ilaria “Se io dico che prostituirsi è un lavoro come un altro la conseguenza inevitabile è quella di affermare che le schiave del sesso non sono in realtà costrette a qualcosa di così orrendo: ci sono addirittura persone che scelgono di farlo!!” E’ esattamente questo messaggio che stanno facendo passare trafficanti e schiavisti di tutto il mondo, che si nutrono con piacere di tutti gli argomenti “liberali” e persino femministi sulla prostituzione. Di fatto di tratta – è vero – come dice Rho si parla tanto, ma nel modo sbagliato, scandalistico e spesso xenofobo. Di fatto si parla, ma non si fa nulla e si gioca tantissimo sulla confusione tra chi “ha scelto” o meno di prostituirsi. Se io – tipo – ho un night club in Italia con dentro “ballerine” nigeriane che passano per cubane e moldave e rumene sotto ricatto, nessuno indaga sulla mia attività. A tutti fa comodo pensare che la prostituzione di solito si sceglie consapevolmente, che chi la esercita sotto sfruttamento magari costretta dalla povertà non subisce in fondo gravi danni se non in casi eccezionali, che se non si sceglie è scontato che una vada di sua iniziativa a denunciare o a chiedere aiuto, in fondo gli stessi poliziotti, magistrati, politici, frequentano locali di questo tipo. La banalizzazione dello sfruttamento sessuale è qualcosa che di fatto sta avvenendo in tutto il mondo.
    Colloquio tra Lydia Cacho e un informatore “Micheal”, uno dei pochi poliziotti non corrotti della Turchia (paese dove la prostituzione è regolamentata ed esiste anche un bordello governativo): “Lo schiavismo richiede l’esistenza della prostituzione legale perché sia sempre più difficile distinguere tra cosa sia lecito e cosa no.” “Esatto, signora”, conferma. “Ecco perché ci sono tante persone interessate a fare pressione per regolamentare la prostituzione”.

  12. Valentina S. permalink
    16 settembre 2012 17:59

    Ho appena rivisto il documentario “Power to the sisters” perché lo avevo visto molto tempo fa e quindi non ne ricordavo i dettagli. La prima cosa che mi viene di chiedermi può sembrare polemica, ma è solo una curiosità: come mai la executive director di questo documentario si chiama col nome di una tenutaria, la “Madame Anais” di Belle de jour. Mi pare che questo possa non dare una bella impressione..
    Detto ciò, il documentario pur avendo parti indubbiamente interessanti, illustrando la storia della nascita dei diversi comitati in difesa dei diritti delle prostitute nel mondo, la corruzione della polizia, la doppia morale dei politici, gli abusi e la criminalizzazione delle prostitute, la strumentalizzazione del problema della tratta per criminalizzarle, ecc.. mi lascia moltissime perplessità. Innanzitutto, non una parola sul funzionamento dell’industria del sesso, sui gestori e proprietari di night, bordelli, ecc..sui metodi di reclutamento.. Chi si avvantaggia della prostituzione altrui in diverso modo (fino a creare oggettivamente l’ impero economico che oggettivamente è l’industria del sesso) resta sullo sfondo come un dato poco rilevante su cui non si trova interessante spendere una parola. In secondo luogo, trovo parecchio grave il quasi occultamento della tratta delle donne migranti, parlando di “qualche donna” che viene costretta. Posso comprendere il timore di una strumentalizzazione del problema tratta per politiche xenofobe e securitarie, ma quando si nega l’evidenza si rischia di perdere in credibilità. Per chi come me ha conosciuto personalmente sopravvissute della tratta, la cosa si percepisce come particolarmente odiosa. Gli anni ’70 con cui si apre il documentario non sono la stessa cosa dell’epoca attuale: in mezzo ci passa la globalizzazione e le nuove strategie del capitalismo connesso con le nuove mafie che dagli anni ’90 hanno sfruttato tante donne vendendole come merci, esperienza che è proprio il contrario dell’autodeterminazione e del piacere del corpo di cui parla il documentraio.
    Non riesco a comprendere perché dal documentario risulti che non ci sia nessuna alternativa tra la gravissima criminalizzazione di chi si prostituisce e la depenalizzazione di tutto il settore, bordelli inclusi. Infine mi pare che si accusino le femministe di parlare per altre donne, però mi chiedo se anche qualche donna che ha attarversato un’esperienza molto felice e soddisfacente nella prostituzione non rischi di parlare a sua volta per altre donne, che invece non hanno riportato la medesima felice esperienza. Dal documentario sembra che gli unici problemi siano la polizia, i politici e la doppia morale, che sono senz’altro problemi rilevanti. Le storie delle donne che sono entrate nell’industria del sesso però qui sembrano scomparire, si dà per scontato che si divertano o che quantomeno non sia un vissuto problematico, quelle coinvolte nella tratta scompaiono proprio, non val neanche la pena ascoltarle.

  13. Valentina S. permalink
    17 settembre 2012 09:30

    Scusate se intervengo a smozzichi, ma il tempo è poco. Un’altra osservazione che mi viene dal documentario “Power to the sisters” è che in apertura la leader del comitato neozelandese loda la legge di quel paese in cui è stato depenalizzato l’intero settore, sfruttamento incluso. Mi chiedo allora se è venuto il momento di cestinare anche le CEDAW che all’articolo 6 recita: “Gli Stati Parti prendono ogni misura appropriata, comprese disposizioni legislative, per reprimere tutte le forme di tratta delle donne e di sfruttamento della prostituzione femminile”. E – mi chiedo seriamente a questo punto- se per essere considerate “pro sex” dobbiamo necessariamente essere “pro sex industry”.

    Su quanto dicevamo prima con Ilaria sulla “normalizzazione” della schiavitù, cito un caso che apparentemente non c’entra che è quello di Karima El Mahroug detta Ruby, che è stata oggetto, secondo le convenzioni internazionali di quella “prostituzione forzata” che cita Norma Jean Almodovar nel documentario, in quanto minorenne e i minorenni indotti e sfruttati nella prostituzione come Ruby rientrano sempre in questa categoria, venendo equiparati dunque alle vittime della tratta. Fateci caso: non è stato banalizzato da tutti anche questo caso, rientrando nel più generale gossip sulle “cene galanti”? Lo stesso documentario, in cui si parla di Berlusconi e delle escort non fa cenno a Ruby. Si vede che tutti considerano che a 15 anni abbia “scelto” la sua carriera di prostituta e i 5 milioni di euro guadagnati per comprarne il silenzio per qualcuno valgono senz’altro la salute psicofisica di una ragazza, ora sancita definitivamente dal matrimonio e dalla maternità con un ex protettore. Tutta questa banalizzazione secondo voi non crea una sorta di “alibi” a quanti vanno in strada con le quattordicenni rumene o con le sedicenni nigeriane incinte di cui mi parlava un operatore che sono arrivate numerose nella mia città? Cominciamo a dire che le adolescenti scelgono e tra poco arriveremo a dirlo per le bambine di 11 anni del Bangladesh che vengono imbottite di pillole per mucche per sembrare più “sessualizzate”. E intanto Emilio Fede che gongola può dichiarare – con un processo ancora in corso che lo vede imputato per induzione e favoreggiamento della prostituzione -che fonderà un partito per chiedere proprio la “legalizzazione” della prostituzione: http://it.notizie.yahoo.com/emilio-fede-far%C3%B2-politica-primo-punto-legalizzare-prostituzione-164808579.html

    Visto che prima ho parlato di depenalizzazione del settore voluta dai magnaccia, vi posto qui alcuni link. Uno su Dannis Hoff, uno dei più potenti proprietari di bordelli del Nevada che ha parlato agli studenti dell’università di Oxford auspicando una depenalizzazione di tutto il settore in Inghilterra in tempo per le Olimpiadi: http://www.thesun.co.uk/sol/homepage/news/4317331/Is-that-good-career-guidance-Oxford-Uni-students-get-talk-from-world-famous-PIMP.html L’altro, su Jason Itzler, condannato a 4 anni a New York per sfruttamento della prostituzione e che- per ovvie ragioni personali – auspica che la parola “pimp” diventi un anacronismo con la depenalizzazione del settore, ovviamente sbandierando la preoccupazione per i diritti delle donne prostitute: http://articles.nydailynews.com/2012-05-30/news/31903491_1_prostitution-legal-brothels-red-light-district

    Vi propongo infine – per il momento – il link al resoconto di una giornata che ho seguito di un corso di perfezionamento sulla violenza di genere organizzato dalla cooperativa Be free in cui si mette in evidenza come è difficile per una vittima di tratta riconoscersi tale e denunciare, in modo non molto dissimile da quanto avviene per la violenza domestica: http://consumabili.blogspot.it/2012/06/su-tratta-e-violenza-sulle-donne.html
    Concludo con le parole di Arely, ragazza venezuelana coinvolta in un giro di prostituzione di lusso in Messico e che racconta le tecniche di manipolazione attuate dai suoi aguzzini per evitare che si ribellasse o scappasse: “Sì, mi sentivo pazza. Mi dicevano:”Che razza di ingrata sei, che pezzente”. Loro mi avevano salvata dalla miseria in Venezuela ed ecco come li ripagavo, facendo la ribelle. E io pensavo, sarò mica pazza? A me non piace questa cosa che mi fanno fare sesso con la forza, a volte mi fa schifo, sono stanca, puzzano. Non mi piacciono gli ubriachi. “Ma questo è un lavoro come un altro”, mi diceva la signora che mandava avanti la villa. Io volevo solo ballare e fine. Io non so se una è pazza perché non le piace obbedire”.

  14. akarho permalink
    17 settembre 2012 21:16

    Vedo che il dibattito si è spostato dall’uso del termine ad altro. Mi fa piacere.
    Mentre sulla presentazione delle statistiche penso ci sia parecchio da dire e spero di poter aggiungere qualcosa presto.

    Ancora una volta il tempo è poco, anzi pochissimo, rubo ancora due minuti per una piccola precisazione:

    @Maria: non mi mettere in bocca parole che non ho usato. Io scrivo “decriminalizzare” e non regolamentare perchè bisogna chiarire cosa s’intende per regolamentazione, definire bene. Sono d’accordo con @Valentina sulla complessità della questione.

    Appena ho più tempo articolo qualcos’altro.
    r.

  15. Maria permalink
    18 settembre 2012 11:26

    Hai ragione akarho: hai parlato di decriminalizzazione, non di regolamentazione della prostituzione. Ti chiedo scusa per aver frainteso le tue parole. Pardon!
    Volevo però introdurre delle precisazioni.
    Akarho, se impieghi il termine decriminalizzazione per esprimere la tua contrarietà al proliferare di ordinanze di sindaci che hanno introdotto sanzioni pecuniarie a carico delle prostitute e, per un malinteso senso del ‘decoro urbano’, le hanno confinate nelle periferie più degradate, esponendole al rischio di subire violenze ancora più efferate di quelle che già patiscono, beh non posso che darti ragione e condividere le tue preoccupazioni e il tuo orientamento.
    Se, invece, per decriminalizzazione si intende la considerazione della prostituzione come un lavoro qualsiasi, non sono d’accordo, sia perché sono convinta che la mercificazione del corpo di una donna non equivalga affatto alla prestazione e alla fruizione di un normale servizio alla persona, sia perché quasi mai la prostituzione rappresenta il frutto di una libera scelta, ossia di una decisione svincolata da seri condizionamenti economici e psicologici (è una questione di povertà, di classe e di etnia e spesso anche di abusi subiti in giovane età), sia perché la sua pratica comporta spesso gravi conseguenze ( anche senza considerare gli stupri, le violenze fisiche subite sia dai clienti che dagli sfruttatori e le malattie sessualmente trasmesse, si pensi ai gravi disturbi psichici da cui sono afflitte, secondo vari studi, molte prostitute: manifestazioni dissociative, stress post-traumatico, eccessivo consumo di alcool o droghe, depressione ecc. ecc. ecc.)
    Inoltre sono convinta che normalizzare la prostituzione non si concili affatto con la lotta alla tratta, per le ragioni esposte con molta chiarezza anche da Ilaria e da Valentina.

  16. donatella permalink
    19 settembre 2012 14:15

    Voglio ringraziarvi, ancora una volta e stavolta per questo importantissimo scambio di informazioni, di pensiero e di politica. Ringrazio particolarmente e caldamente Valentina e Ilaria: voi e coloro che sono come voi avete in parte raccolto e in grande parte autonomamente sviluppato quell’approccio che il femminismo oggi sta rischiando di smarrire sotto le spinte neoparitarie che offuscano la visione di tante e tanti giovani e, purtroppo, non solo giovani. Vi seguo sempre, come posso anche se non riesco ad intervenire tanto quanto vorrei ma vi dico che poco avrei da aggiungere alle vostre lucide argomentazioni che, al contrario, sono fonte di formazione e di approfondimento anche per me. Ammiro la vostra capacità e vi sono grata per la vostra generosità. Mi raccomando, cercate di essere presenti a Paestum – io non potrò, purtroppo per ragioni importanti-: da quel che leggo, vedo e mi dicono c’è un enorme bisogno di riprecisare i termini corretti di un approccio alle questioni fondamentali del femminismo che rischiano di essere svilite e di essere rese inefficaci da un modo di vedere e di fare pericolosamente approssimativo e fuorviato dall’ignoranza, da false personalità in cerca di consensi facili, oltre che dagli interessi in gioco.

  17. akarho permalink
    19 settembre 2012 16:53

    Abbiate pazienza, rispondo a intermittenza perchè non ho tempo.
    Rispetto all’intervento di @Valentina S.del 14 settembre 2012 18:02
    (https://femminileplurale.wordpress.com/2012/09/11/non-parlate-di-prostituzione/#comment-3752)
    sono d’accordo sulle criticità rispetto ad una regolamentazione che
    discrimini le persone migranti e sul fatto che è NECESSARIO mobilitarsi
    attivamente contro le ordinanze “antiprostituzione” e gli effetti del “pacchetto
    sicurezza”.

    Per quanto riguarda la legge Merlin credo sia necessario andare ad
    approfondire. Il senso della legge è chiaro in particolare in riferimento
    alla situazione preesistente. Ma oggi questa legge presenta dei “limiti” ,
    credo sarebbe opportuno ragionarci anche nell’ottica di depenalizzare gli
    aspetti che di fatto anche se non criminalizzano la prostituzione in sé,
    fanno si che sia impossibile esercitarla liberamente.

    A questo proposito si può ascoltare questo contributo:
    http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?30207f&config=http://www.radioradicale.it/scheda/embedcfg/350825/2657640
    (spero funzioni il link).
    Sugli “interessi terzi” bisogna chiarire. Anche con il concetto “industria del sesso” bisogna chiarire. Le situazioni sono davvero molto diversificate e non credo sia utile fare semplificazioni. (…)

    Spero di riuscire a commentare anche gli altri interventi su cui ho parecchio da dire, ma approfitto del tempo che ho ora per chiedere a @Donatella più chiarezza: non apprezzo particolarmente toni da maestra (da una parte lodare quelle con cui si è d’accordo e dall’altra lasciare intendere critiche che rasentano l’insulto, ammiccando a qualcosa di non meglio specificato). Non mi pare un comportamento dialogico. Forse non tutte/i sono d’accordo con l’idea di “correttezza” -non esplicitato chiaramente- di Donatella, chissà.
    Il tuo intervento sembra un discorso privato, tra iniziate al “Vero” femminismo, non è un buon sistema per facilitare le discussioni, sembra perfetto per inaspirle e per creare fratture, come se ce ne fosse bisogno! Mi preoccupa questa modalità, che è una modalità politica precisa, si chiama delegittimazione.

  18. Maria permalink
    21 settembre 2012 11:02

    Vorrei, se mi è consentito, offrirvi un’altra informazione riportata sia dallo splendido libro di Patrizia Romito, Un silenzio assordante, p.132 che da un documento di grande interesse intitolato Mondialisation de la prostitution (P.23) che potete facilmente reperire in rete, ad es. sul sito dell’organizzazione Attac Francia, http://www.france.attac.org/archives/spip.php?article6979, ma anche altrove.
    Nel mio ultimo commento mi ero riferita alle molteplici turbe psichiche riscontrate da diversi studi in numerose prostitute.
    Uno dei disturbi più frequenti e tipici che sono stati rilevati è la sindrome post-traumatica da stress che appare caratterizzata dalla ricorrenza di incubi ed attacchi di panico e dalla presenza di forme di dissociazione mentale. Uno psicologo statunitense di nome Farley, nel 2003, ha condotto un’indagine sullo stato di salute di prostitute residenti in 5 nazioni: USA, Zambia, Turchia, Sud Africa e Thailandia e ha diagnosticato nel 67% dei casi la presenza della suddetta sindrome. Ora: sapete chi soffre più di frequente di questa malattia, oltre ai veterani di guerra? Le vittime di stupro.
    Lascio trarre a voi le conclusioni.

  19. Donatella Proietti Cerquoni permalink
    21 settembre 2012 22:05

    Akarho, mi dispiace, non era mia intenzione delegittimare nessuna/o, volevo solo esprimere il mio apprezzamento per un approccio che reputo corretto, nel quale mi ritrovo e che sta offrendo spunti per un confronto molto intenso. C’è un femminismo che a me sta molto a cuore, quello iniziato da Carla Lonzi e che oggi è un po’ dimenticato ma che fornisce ancora molta forza e lucidita a coloro che lo conoscono e lo apprezzano. Con questo non intendo togliere valore ad altri punti di vista, ad altri, come si dice oggi correttamente, “femminismi”. E mi dispiace molto che tu lo abbia inteso come un disprezzo, ti assicuro che non è così. Mi dispiace il tono con il quale ti rivolgi a me, molto, dal momento che non credo di aver fatto niente per deligittimarti. Quando succedono questi “incidenti” mi chiedo cosa manchi per esercitare una pratica che per me è fondamentale, quella del riconoscimento dell’altra e mi chiedo perché esprimere il proprio favore debba necessariamente essere interpretato come una svalutazione di altre posizioni. Succede spesso in rete, è un peccato, e uno svantaggio. Per parte mia se ho qualcosa da osservare, lo dico direttamente, non mi tiro indietro nella polemica che considero un’arte e una pratica civile, ma quando si interpretano le mie intenzioni ricavando indirettamente qualcosa che non ho espresso, allora mi ritiro e lascio il campo a chi si vuole esercitare a vuoto.

  20. paola m permalink
    23 settembre 2012 15:34

    Grazie a Ilaria, Valentina S., Maria e Donatella, non avrei saputo dire meglio le cose che avete detto, e vi ringrazio del tempo che avete speso a scrivere i vostri commenti.

  21. akarho permalink
    25 settembre 2012 18:52

    Purtroppo il tempo continua a scarseggiare.
    Al volo, solo precisazioni.

    @donatella, non mi offendo perchè NON ho pensato fosse qualcosa di personale riferito a me. Ma a qualcos’altro, ad esempio mi riferivo a questa tua frase/chiamata, in cui esprimi giudizi pesanti:

    quoto «Mi raccomando, cercate di essere presenti a Paestum – io non potrò, purtroppo per ragioni importanti-: da quel che leggo, vedo e mi dicono c’è un enorme bisogno di riprecisare i termini corretti di un approccio alle questioni fondamentali del femminismo che rischiano di essere svilite e di essere rese inefficaci da un modo di vedere e di fare pericolosamente approssimativo e fuorviato dall’ignoranza, da false personalità in cerca di consensi facili, oltre che dagli interessi in gioco»

    Mi sembra anche che in questa tua affermazione/chiamata manchi la pratica del riconoscimento delle altre.

    nb:A partire da Carla Lonzi si arriva da tante parti.
    Se sembro lapidaria, è perchè non ho agio di scrivere.Non mi stanco di ripetere che rubo ogni minuto. r.

  22. Donatella Proietti Cerquoni permalink
    27 settembre 2012 17:46

    Akarho, si tratta di giudizi che ho maturato e ai quali non intendo rinunciare. In generale credo che il giudizio sia una facoltà e come tale vada esercitata. Sempre disposta a ravvedermi nel caso in cui mi sbagli, tuttavia non credo che la pratica del riconoscimento sia qualcosa da erogare a buon mercato in assenza di valore.

    • akarho permalink
      27 settembre 2012 18:39

      @ Donatella =) Benissimo il giudizio e i pensieri critici, sono il sale della vita (insieme a un pugno di altre cosucce), sopratutto quando si indica di che si parla con precisione: chi, cosa, dove, quando e perché (le famose 5 W).

      Poco sopra, quindi, sottolineavo che i tuoi erano giudizi lasciati intendere, ovvero tutto il contrario del parlar chiaro che a casa mia significa definire a chi ci si riferisce, in quali circostanze e articolare le proprie opinioni/giudizi, che per fortuna si possono esprimere e sulle quali ci si può confrontare anche serenamente.

      Non ero io a chiedere riconoscimento per nessun*, notavo semplicemente che non c’era stato nel tuo primo intervento. A mio parere non si può invocare la “pratica del riconoscimento” quando qualche riga prima non si praticava nel proprio intervento.

      Ma comunque lasciamo stare dai, che ci si perde in botta e risposta, quando sarebbe invece interessante parlare collettivamente della sostanza e magari di persona.

      Domani inizia il Feminist Blog Camp, si parlerà anche di prostituzione e sex work, spero di incontrare qualcuna di voi. Spero anche che ad ottobre avrò una manciata di ore in più per scrivere qualcosa riguardo statistiche, disturbi post traumatici da stress e strategie di liberazione.
      r.

      • Donatella Proietti Cerquoni permalink
        29 settembre 2012 08:42

        Certo, in più siamo vistosamente OT e mi scuso ma approfitto per un piccolo riepilogo della mia posizione in fatto di riconoscimento.
        Sono e voglio sentirmi libera di darlo nelle occasioni e a coloro il cui valore mi risuona. Ma il fatto di riconoscere qualcuno/a non implica automaticamente un disconoscimento di altre/i – resta preoccupante che così venga inteso un gesto o una parola di apprezzamento, lo trovo un ambito su cui riflettere possibilmente avvalendoci di qualche formulazione teorica adeguata, per altro già abbondantemente prodotta dal femminismo-.
        Il riconoscimento non è esigibile, ciò che è esigibile è il rispetto.

  23. 1 ottobre 2012 11:56

    al volo @Donatella, poi su questo non rispondo più, non ho detto che riconoscere alcune significa disconoscere altre ho detto che hai lodato alcune e poi per le altre hai riservato queste parole: «un modo di vedere e di fare pericolosamente approssimativo e fuorviato dall’ignoranza, da false personalità in cerca di consensi facili, oltre che dagli interessi in gioco».

    Passando ad altro, linko altro articolo, che ancora non ho letto ma potrebbe interessare a chi segue questa discussione…http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/28/francia-femminismo-pro-sesso-pro-porno-pro-puttane-morgane-merteuil/357507/

  24. Valentina S. permalink
    1 ottobre 2012 20:16

    Ho letto l’articolo del Fatto quotidiani postato da Rho e ho apprezzato che Merteuil ha criticato l’essere troppo morbide col potere, mentre il potere che crea i privilegi va combattuto decisamente. Non conosco le femministe francesi e quindi non posso giudicare, però in generale detesto tutte le mediazioni e le collusioni col potere fatte da chi dovrebbe in teoria lavorare per rovesciare questo potere senza cercare un posticino di privilegio al suo interno.
    Detto ciò, andando sul sito di STRASS noto una certa incongruenza in questo post. http://site.strass-syndicat.org/2009/11/reopening-of-brothels-the-position-of-strass/ Dopo aver detto con decisione che non si vuole lavorare sotto a un padrone di un bordello, poi però si conclude così: “This includes therefore to repeal the laws on soliciting and pimping, which prevent us to organize our work and independent housing. In trying to discourage the existence of prostitution, these laws do not protect us, they put us in danger.” Cioè chiedono l’abrogazione della legge sullo sfruttamento della prostituzione. Soprattutto data l’applicazione finora avutasi negli altri stati che hanno regolamentato mi pare abbastanza naturale che se non c’è più il reato di sfruttamento, è possibile fare qualsiasi cosa, un vero paradiso per tutte queste persone proprietarie di locali e sfruttatori che sarebbero depenalizzati. Se sbaglio, ditemelo.
    Metto anche questo, per conoscenza: http://corriere.com/2012/05/23/la-prostituzione-e-una-forma-di-oppressione/

  25. 1 ottobre 2012 21:20

    Ancora non ho avuto modo di leggere l’articolo, comunque nello specifico italiano un problema riguardo la “legge sullo sfruttamento” (che non è una legge ma un articolo, il 3 della legge Merlin) è che di fatto impedisce alle sexworker di autorganizzarsi (men che meno collettivamente). Ovvero se qualcuna/o volesse organizzare il lavoro sessuale insieme ad altre/i colleghe/ghi (ad esempio per ridurre rischi) rischierebbe l’accusa di sfruttamento/favoreggiamento. Ad esempio se qualcuno accompagna o è presente nel luogo dove la/il sexworker lavora può essere considerato/a “favoreggiatrice/ore”. Stesso rischio anche se si affitta un immobile a qualcuna/o che si prostituisce (e l’effetto paradossalmente è un aumento esponenziale delle cifre richieste per la locazione in questi casi). Alcune info qui http://www.radioradicale.it/swf/fp/flowplayer-3.2.7.swf?30207f&config=http://www.radioradicale.it/scheda/embedcfg/350825/2657647 .
    D’altra parte sarebbe interessante capire come di fatto “lavorano” queste leggi nelle diverse realtà ed in particolare sulla rete reale di sfruttatori/trici.

    Riguardo la situazione/legislazione francese non so come funziona la legge criticata.
    Scusate per i refusi e gli errori di scrittura, non mi rileggo.
    r.

  26. Donatella Proietti Cerquoni permalink
    1 ottobre 2012 22:31

    rho, nemmeno io rispondo più: non parlavo di te, mi riferivo a un modo, diffuso e per me pericoloso e insulso, di stare sui temi del femminismo, un modo che si trova, oggi facilmente, in rete, in fb, in alcuni blog “femministi” o non femministi che se la prendono con le femministe ma usano i loro argomenti per farsi largo. Sarò libera di dire che sono in cerca di valore e non di approssimazioni? Sarò libera di segnalare ciò che apprezzo o mi devo preoccupare del fatto che qualcuna può sentirsi coinvolta da parole non destinate a lei? Non parlavo di tutte “le altre” ma di alcune, che esistono e si manifestano. Ora però basta davvero.

  27. Maria permalink
    2 ottobre 2012 10:00

    @Valentina
    Pressoché tutte le organizzazioni femministe e lesbiche francesi condividono l’impostazione abolizionista e propongono l’adozione di una legge identica a quella svedese.
    Puoi riceverne conferma dalla consultazione dell’home page di questo sito, che, sotto la dicitura” les associations porteuses de l’appel”, enumera la moltitudine di associazioni e collettivi (sono 47) che hanno aderito all’appello per l’abolizione della prostituzione:
    http://www.abolition2012.fr/
    L’ orientamento abolizionista caratterizza anche la posizione del Partito Socialista e del Front de Gauche, federazione, come sai, di partiti di estrema sinistra.
    Questa perfetta consonanza di vedute ha indotto la femminista socialista Caroline de Haas, ex portavoce di Osez le féminisme ed ex collaboratrice di Benoît Hamon, segretario del Partito socialista ed attualmente Ministro dell’Economia, ad accettare l’incarico di consigliera addetta alle relazioni con le associazioni che si occupano di violenza sulle donne. Caroline opera alle dipendenze di Najat Vallaud-Belkacem, ministra dei diritti delle donne, che ha recentemente espresso l’intenzione di modificare la legislazione francese sulla prostituzione, mediante l’adozione di una normativa ispirata a quella svedese.
    Io non mi sentirei di stigmatizzare il comportamento di Caroline de Haas, dal momento che la sua collaborazione con il governo è finalizzata alla promozione dei diritti delle donne, in particolare di quelle che hanno subito violenza. Naturalmente so bene che l’ipotesi di un coinvolgimento diretto delle femministe nelle istituzioni è connesso alla percezione o meno dello Stato come immodificabile istituzione patriarcale e che anche in Italia esistono in proposito opinioni discordanti.
    Non è assolutamente vero, invece, che l’organizzazione Osez le féminisme esprima un’impostazione borghese di difesa dei privilegi di classe. E’, al contrario, un’associazione di sinistra, che rivela la propria consonanza con le lotte rivoluzionarie, si batte per il conseguimento dell’uguaglianza fra uomini e donne e denuncia le discriminazioni, le violenze e le profonde disparità economiche e sociali che caratterizzano la condizione delle donne, in particolare di quelle appartenenti ai ceti subalterni. Lo si deduce leggendo il bollettino che pubblica periodicamente e che è consultabile in rete.
    Credo, però, che Morgane Merteuil indirizzi i suoi strali soprattutto contro Fadela Amara, ex portavoce dell’associazione Ni putes, ni soumises, che nel 2007 venne nominata da Sarkozy segretaria di Stato con delega alla politica delle città. La sua partecipazione al governo di destra suscitò una veemente e, a mio parere, giustificata polemica, anche perché ella aveva precedentemente militato nel partito socialista e l’associazione femminista che dirigeva era orientata a sinistra.

    Ritornando all’argomento, ho letto con grande partecipazione la drammatica e accorata testimonianza di Bridget Perrier, che risulta peraltro confermata dalle dichiarazioni rilasciate da altre ex prostitute e riportate su due siti: uno canadese e uno francese..
    http://sisyphe.org/spip.php?rubrique95
    http://www.prostitutionetsociete.fr/temoignages/?lang=fr
    Le sue affermazioni sono corroborate anche dalle ricerche compiute da numerosi studiosi.

  28. Maria permalink
    2 ottobre 2012 11:12

    @ Valentina
    La posizione dello STRASS (Syndicat du Travail sexuel ) è effettivamente condensata nella frase che citi, tradotta perfettamente dal francese. Ritengo anch’io che la richiesta di abrogazione della legge sullo sfruttamento della prostituzione rischi di produrre le conseguenze che paventi, anche se l’intenzione di questo sindacato è soltanto quella di veder riconosciuto il diritto di esercitare la prostituzione in alloggi affittati, i cui proprietari, teoricamente, non dovrebbero percepire introiti sull’attività in questione.

  29. 4 ottobre 2012 07:53

    @Maria Grazie per le preziose precisazioni, davvero non sapevo nulla del femminismo francese. Vedrò con calma tutti i riferimenti che hai postato in questa discussione che conoscevo solo in parte. Sul problema delle conseguenze che hanno leggi di regolamentazione-legalizzazione, posso dire che già da un po’ sto studiando i materiali più vari su paesi come Olanda, Germania, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda per capirne di più. Non ho ancora purtroppo sistematizzato il tutto, spero di riuscire a farlo presto, ma risulta chiarissimo che in nessun paese esistono solo donne che esercitano nel proprio appartamento o cooperative autogestite di ragazze che fittano “normalmente” una casa. In tutti questi paesi invece – la cui legislazione ovviamente presenta poi delle specificità – esistono bordelli o mega-bordelli in cui ogni ragazza paga un tot al giorno e così fanno i clienti al gestore-proprietario di quella che è una vera e propria “impresa commerciale”. Questi investimenti sono così redditizi che c’è stato persino il caso recente di un allenatore di una squadra olimpica inglese che si è aperto un bordello in Nuova Zelanda per guadagnare rapidamente i soldi atti a finanziare la sua squadra: http://www.theaustralian.com.au/sport/london-games/new-zealand-taekwondo-fighter-ran-brothel-to-fund-his-olympics/story-fnel01lg-1226442337560

    • Maria permalink
      4 ottobre 2012 09:47

      Grazie a te, Valentina, per il prezioso lavoro di informazione che svolgi!
      Per i pochi dati di cui dispongo, ti dirò che anch’io non conosco un solo Paese in cui la prostituzione venga esercitata esclusivamente in forma autonoma o in cooperative autogestite. Anzi, a livello mondiale, 9 prostitute su 10 dipendono da uno sfruttatore. (Vedere il documento: La prostitution: il est temps d’agir, p.28 http://www.csf.gouv.qc.ca/…/fichier-29-1655.pdf)
      Quanto ai bordelli legali, fonti, come giustamente osservi, di immensi profitti per chi li gestisce, non lo sono altrettanto per le ragazze che vi esercitano la prostituzione. In Nevada, ad es, il 50% del denaro che esse percepiscono deve essere versato al proprietario, senza considerare poi l’elevato costo del vitto, dell’alloggio e delle spese mediche, nonché delle consumazioni, della sorveglianza ecc.
      Questi bordelli si configurano poi come autentiche istituzioni totali, carceri con stanze munite di grate e costantemente sorvegliate. A volte è persino sancito il divieto di uscire liberamente.

      http://www.prostitutionetsociete.fr/politiques-publiques/legislations-nationales/nevada-les-bordels-exemplaires-d?lang=fr

  30. 4 ottobre 2012 08:16

    Quando dico un tot al giorno, intendo per esempio una quota come 70 euro al giorno, che in un mese – considerando anche la settimana “corta” – possono fare anche 1400 euro per ragazza. Questo ad esempio quanto prende solo dalle ragazze un gestore di un fkk (sauna-bordello) tedesco (vedi servizio delle Iene, peraltro per ovvi motivi “celebrativo” : http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/299963/trincia-sesso-e-benessere.html) a fronte di una prestazione base per cliente di 50 euro, poi bisogna sommare a questo le quote fisse acquisite dai clienti direttamente dal gestore e ancora tutti i costi aggiuntivi tipo consumazioni, ecc.. Qui parliamo ovviamente solo di ciò che è permesso e legale. Naturalmente poi se andiamo a pensare al sommerso o a chi aggira le leggi vigenti (come avviene del resto in tutti i campi del lavoro specie con lavoratori stranieri) si può soltanto immaginare.. Si può solo intuire intanto cosa avverrà in un mondo in cui fare impresa nel settore del sesso a pagamento per terzi viene depenalizzato e sempre più normalizzato. E’ chiaro che queste “lobby” già contano molto e possono promuovere il loro marketing, una loro cultura, possono fare pressioni per far approvare nuove leggi a loro convenienti. I soldi danno molto potere e influenza a prescindere da tutto, pecunia non olet. Il problema è che intanto non sono per nulla risolti, anzi si vanno aggravando, problemi come violenza di genere, sperequazioni economiche, strozzinaggio da parte di istituzioni come l’FMI e della finanza internazionale con conseguente collasso di numerose economie, xenofobia e sfruttamento sistematico dei lavoratori fino alla riduzione in schiavitù. Se andate su gnoccatravels, potrete vedere empiricamente come la maggior parte delle visite sono dirette proprio in quesi paesi europei che, “legalizzando” hanno generato un boom di turismo finalizzato al consumo di sesso a pagamento. Una moda e tanti soldi per gli investitori, ma anche per gli Stati e per l'”indotto” generato da questo tipo di turismo, che però nascondono troppi punti oscuri, troppi elementi che si danno per scontati e che semplicemente non si vogliono affrontare.

    • Maria permalink
      4 ottobre 2012 09:48

      Sono assolutamente d’accordo con te, Valentina.

  31. 21 ottobre 2012 10:16

    Io ho una domanda specifica: siamo certe che in nessun paese ci sono donne che lavorano autonomamente o autorganizzandosi in modo cooperativo?
    Se si, sappiamo come mai di preciso?

    @Valentina, anche io sto cercando di esaminare la legislazione nei diversi paesi, tu hai trovato i vari testi di legge? Io no. se hai dei link li puoi girare che vorrei tradurre? Anzi se ci si divide il lavoro potremmo andare più veloci. grazie.

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